osservazioni dell’associazione salviamo cavallerizza sulla revisione del prg

Alla luce di quanto è emerso ieri nella seduta consigliare sul PUR per la Cavallerizza Reale, pubblichiamo le osservazioni inviate alla Città di Torino in merito alla revisione del PRG.

Alla Città di Torino
Divisione Urbanistica e Territorio
urbanistica@cert.comune.torino.it

e p.c. Al Ministero Beni Attività Culturali e Turismo
Segretariato Regionale per il Piemonte
mbac-sr-pie@mailcert.beniculturali.it
Alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e
Paesaggio per la Città di Torino
mbac-sebap-to@mailcert.beniculturali.it

Oggetto: Revisione del PRG della Città di Torino-Osservazioni e proposte.

La scrivente Associazione Salviamo Cavallerizza, legittimata ai fini della presente ai sensi dello Statuto (in allegato), vista la deliberazione del C.C. n. 43 del 20 luglio 2020, di adozione della Proposta Tecnica del Progetto Preliminare della Revisione del PRG, esprime le seguenti osservazioni e apporticollaborativi.

a) La Scheda normativa 29,“Complesso della Cavallerizza (perimetro di studio)”

inserita nel vol. II delle NUEA del PRG vigente tra le aree da trasformare nella Zona Urbana Centrale Storica, non viene considerata nella Revisione.
Le finalità delle presenti osservazioni sono volte a fornire alla Città e agli Enti sovraordinati un quadro analitico di tutela e di urbanistica storico-sociale per la conoscenza del processo partecipativo che ha coinvolto la cittadinanza nel periodo 2014-2019, mirata alla salvaguardia del complesso della Cavallerizza Reale[Cavallerizza].
La nuova classificazione dell’intera Zona Centrale Storica [ZCS] ai sensi dell’art.24della L.R. 56/77, prevista dall’art. 7.1 delle NTA della Revisione, comporta la facoltà per chiunque a esprimere osservazioni su tutti gli immobili compresi nella ZCS, perché il complesso della Cavallerizza non risulta attuato secondo le previsioni del PRG vigente e in particolare delle previsioni contenute nella variante parziale n.217, approvatail31/01/2011,che non risulta essere attuata in alcuna sua parte e non risulta essere stato approvato o sottoscritto alcun atto convenzionale con soggetti pubblici o privati.
La Cavallerizza è un bene inserito nella lista del Patrimonio Unesco dal 1997: il provvedimento di autorizzazione all’alienazione [all. 01] emanato dalla ex Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte del 01/08/2005 ignora il vincolo già considerato nel D.Lgs. 42/2004 Codice per i Beni Culturali e il Paesaggio[Codice].
L’occasione fornita dalla Revisione del PRG e il suo adeguamento al vigente Piano Paesaggistico Regionale [PPR] è la sede giuridicamente rilevante per proporre soluzioni innovative e porre rimedio ai palesi errori (o presunte illegittimità) insiti nei provvedimenti preordinati all’alienazione a soggetti privati del complesso dal 2010 che hanno influito negativamente nelle scelte della variante parziale 217, in violazione del Codice.
Al fine di inquadrare le proposte che sono formulate di seguito, occorre procedere alla disamina circa il rapporto sull’alienabilità di un bene Unesco con i dettati dall’art. 9 della Costituzione [Cost], con la disciplina di tutela del Codice, con le prescrizioni del vigente PPR e con il PRG: in questo caso con il PRG vigente della Città di Torino e la sua Revisione adottata.

a1) Disciplina dell’alienazione di Beni Unesco e il Codice dei Beni Culturali

La vicenda pubblica della Cavallerizza ha creato tutte le premesse per qualificare il suo complesso architettonico (la tutela e il suo destino) nell’alveo dei contenuti dell’art. 9 della Costituzione: “La Repubblica[…]Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”.
Può un bene tutelato dall’Unesco essere alienato a privati, sottraendolo alla sua naturale funzione di bene pubblico destinato ad una fruizione collettiva, in violazione dell’art. 9 Cost., “che ha fatto assurgere il paesaggio a valore primario della Repubblica, assoluto,non disponibile e non esposto alla mutevolezza degli indirizzi politici.”? (Corte Costituzionale, sentenza n.22/2016).
La disarticolazione dei principi costituzionali di tutela (art. 9 Cost.) ha inciso profondamente sul valore storico e architettonico del bene nella sua più intima essenza, sottraendolo a quella forma di bene comune che nella disciplina urbanistica viene annoverata tra i servizi pubblici (o di interesse comune), che sono inclusi nel patrimonio indisponibile per altre destinazioni.
Una diversa e ben maggiore problematicità sussiste nel debole raccordo legislativo tra il Codice e la disciplina dei beni Unesco, nonché con la Convenzione Europea sul Paesaggio(2000).
La richiamata sentenza Corte Cost. 22/2016 rileva che i beni Unesco non sono oggetto di una tutela specifica, autonoma, rispetto alle norme del Codice: pur nella sua efficacia normativa, il Codice annovera i siti Unesco tra le categorie di beni di rilevanza primaria, ma rinviando ai
contenuti del PPR le prescrizioni specifiche “con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO.”
nel pieno rispetto dell’osservanza dei trattati internazionali, tra i quali rientra la Convenzione Unesco firmata a Parigi il 23 novembre 1972 e sancita con la ratifica del1977.
Ne consegue che solo il PPR, cui la Revisione dovrebbe adeguarsi, può prevedere un articolato sistema di tutele e prescrizioni: il PPR della Regione Piemonte (efficace dal 20 ottobre 2017) nulla dispone in ordine alla tutela e salvaguardia del sito Unesco Cavallerizza Reale, legato da una forma inscindibile di dichiarazione di bene universale con tutte le altre “Residenze Sabaude” (da Palazzo Reale, alle residenze di caccia, ai castelli sino all’Agenzia del gusto di Pollenzo).
La rigida disciplina Unesco dispone che qualora anche per una parte di una delle cd. “Residenze sabaude” venisse meno il vincolo di tutela, l’intero sito “seriale” sarebbe travolto ed escluso dal patrimonio Unesco.
Le forme di minaccia cui è stata sottoposta la Cavallerizza Reale dal 2005 è tale per cui, anche se non dichiara tade facto, la tutela Unesco sul complesso è già venuta meno in modo tangibile: il decreto di autorizzazione all’alienazione a privati disposto dalla Direzione Regionale MIBAC del Piemonte (01 agosto 2005) è l’unico provvedimento che consente la vendita a soggetti terzi di un bene Unesco in Italia, in contrasto con l’art. 9 Cost.: la rilevanza delle convenzioni internazionali sul paesaggio, ivi compresa quella UNESCO, si fonderebbe anche sull’art. 117 Cost. e sull’art. 132 del Codice, che impone la conformazione della Repubblica agli obblighi di conservazione e valorizzazione fissati dalla Convenzione Unesco. I cardini legislativi citati sono stati distrutti nella vicenda della privatizzazione della Cavallerizza.

a2) Le valutazioni Icomos/UNESCO sulle previsioni attuative della variante217.
I contenuti attuativi della Scheda 29 [all.2]del PRG vigente, inclusa de facton ella Revisione, sono stati oggetto di sollecitazioni da parte della scrivente Associazione (ottobre e dicembre 2015) nei confronti degli organismi UNESCO di Parigi, affinché scongiurassero l’attuazione di interventi tali da sopprimere i caratteri identitari del complesso della Cavallerizza che nell’inclusione tra i beni del Patrimonio dell’Umanità presuppone una fruizione pubblica senza mediazioni dettate dal PRG.
L’interesse pubblico sotteso ad ogni scelta di pianificazione è venuta meno attraverso la reiterazione di proposte attuative (Masterplan) che hanno influito solo sul piano mediatico, accolte e sollecitate con favore dal Mibact. Icomos/UNESCO (Parigi) ha così redarguito nel febbraio 2017 gli organi di tutela sabaudi e di Via del Collegio Romano, sede Mibact a Roma [all. 3]: “ICOMOS osserva che quando la proprietà fu iscritta nella Lista del Patrimonio Mondiale nel1997,la Reale Scuola d’Equitazione e a parte del dominio/competenza statale che comprendeva la Zona di Comando. Inteso che le proprietà incluse nella competenza dello Stato italiano non potessero essere alienate o privatizzate, la gestione e lo stato di conservazione della Reale Scuola d’Equitazione erano considerate solide.” (…); inoltre, “il 79% della superficie totale – sono destinati a funzioni che limitano sostanzialmente l’uso pubblico e ricreativo.(…)ICOMOS osserva che mentre un piano esauriente di riqualificazione potrebbe contribuire a migliorare le condizioni fisiche del complesso, i dettagli stabiliti nel Master Plan e sopra menzionati suggeriscono che il Piano sia principalmente orientato alla valorizzazione economica della proprietà attraverso funzioni che implicano una privatizzazione degli spazi delle Reale Scuola d’Equitazione piuttosto che il suo potenziamento/miglioramento per comprenderne il significato ed il valore aggiunto/ludico sociale e culturale che apporta alla società ingenerale.”.

a3) Le proposte di modifica alla Scheda29.
In coerenza alle sollecitazioni UNESCO/Icomos, sostanzialmente disattese dalle condotte poste in atto dalla Città, dagli organismi di tutela e dal Mibact, si propongono le seguenti modifiche alla Scheda 29 del PRG vigente volte ad affermare una fruizione pubblica dell’intera Cavallerizza.
Le linee su cui poggiano le modifiche proposte sono orientate alla tutela più autentica del bene: sono escluse destinazioni d’uso private (sedi direzionali o altre funzioni private) e la realizzazione di autorimesse interrate e in soprasuolo all’interno del perimetro di studio sia per i vincoli archeologici che insistono sull’area, sia per scongiurare l’introduzione di elementi attrattivi del traffico veicolare.
L’elemento di particolare rilevanza è l’assoggettamento ad uso civico del Maneggio alfieriano, in ottemperanza a quanto stabilito alla conclusione di un percorso partecipato pubblico concluso il 06 maggio 2018 con la dichiarazione di uso civico, promosso dal Consiglio Comunale in forza della Mozione n. 69
[all.3] approvata il 25 settembre2017.

a4) L’uso civico urbano quale articolazione degli standard urbanistici.
Sulla base della legislazione vigente, è possibile imprimere ex-novo l’uso civico su un compendio di immobili quale nuova previsione urbanistica?
I profondi mutamenti economici e sociali intervenuti nel secondo dopoguerra hanno inciso nella considerazione degli usi civici [d’ora in poi UC], mettendo in ombra il profilo economico dell’istituto ma ad un tempo evidenziandone la rilevanza quanto ad altri profili e in particolare quanto a quelli ambientali.
Quest’ultimo interesse ha trovato il suo riconoscimento, prima, nella legge 8 agosto 1985, n. 431, che novellando l’art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art.1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) ha sottoposto a vincolo paesaggistico «le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici», e poi con l’art. 142 del Codice: ed è qui che si rinviene un primo raccordo disciplinare tra UC e pianificazione del territorio.
Gli UC concorrono a determinare la forma del territorio su cui si esercitano ed incidono sull’ambiente e sul paesaggio, perché contribuiscono alla salvaguardia di questi ultimi.
Sono presi in considerazione tutti gli UC, senza distinguere quelli che possono presentare un concreto interesse paesistico e ambientale, né riservare a questi una normativa specifica.
Gli UC non svolgono esclusivamente la funzione economico-sociale di garantire risorse alla collettività che ne è proprietaria, atteso che alle tradizionali funzioni si è aggiunta una loro fondamentale utilità non solo ai fini della conservazione del bene ambiente, ma quale risorsa identitaria in grado di preservarne la memoria nell’immaginario collettivo.
La Corte ha rilevato un «interesse unitario della comunità nazionale alla conservazione degli usi civici, in quanto e nella misura in cui concorrono a determinare la forma del territorio su cui si esercitano, intesa quale prodotto di “una integrazione fra uomo e ambiente naturale” (sentenza n. 46/1995).
La Corte ha affermato altresì che «la conservazione ambientale e paesaggistica» spetta, in base all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato (sentenza n. 367/2007), aggiungendo che tale titolo di competenza statale «riverbera i suoi effetti anche quandosi tratta di Regioni speciali o di Province autonome, con l’ulteriore precisazione, però, che qui occorre tener conto degli statuti speciali di autonomia» (sentenza n.378/2007).
Il rapporto tra uso civico e standard urbanistico non trova attualmente una sistematizzazione organica nella disciplina vigente: può diventare oggetto di una specifica innovazione normativa.
Per la loro intrinseca caratteristica, gli usi civici non pare possano essere annoverati tra gli standard urbanistici ex D.M. 1444/1968 perché la loro qualificazione esula la puntuale dotazione di aree caratterizzate da precise finalità (con fruizioni e fruitori diversificate).
Una prima ipotesi di classificazione per gli usi civici può essere annoverata tra le dotazioni oltre i limiti di legge (i cd. “oltrestandard”).
L’esempio concreto dell’Asilo Filangieri di Napoli può costituire una prima innovazione normativa con la Cavallerizza di Torino con il Maneggio alfieriano: sulla base degli atti amministrativi formalizzati è possibile imprimere sul PRG non la classificazione di UC, bensì quella di un immobile destinato a servizi oltre standard che non concorre alle dotazioni di standard ex D.M. 1444/1968, sul quale si sovrappone la dichiarazione di UC mutuata dal Codice (ex art.142,
connessa all’art. 136 “Immobili ed aree di notevole interesse pubblico:c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;”.

Conclusioni.
La scrivente Associazione richiede, in qualità di soggetto portatore di interessi diffusi, di essere consultata in sede di Conferenza di Copianificazione e di esercitare la facoltà prevista dall’art. 15 bis comma 3 della L.R.56/77.

Torino, lì 14 ottobre 2020

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