STORIA ARCHITETTONICA
La Cavallerizza Reale di Torino, opera architettonica iniziata da Amedeo di Castellamonte e portata ta ermine da Benedetto Alfieri tra il 1740 -1741, fa parte del più ampio complesso denominato Zona di Comando
L’aspetto assolutamente stupefacente è che oggi abbiamo una stratificazione che va dalla fine del ‘600 sino agli anni centrali dell’800 fatta di palazzi (in parte esistenti, altri scomparsi), luoghi di governo (le segreterie di Stato), di archiviazione (l’archivio juvarriano), di teatro (il Regio), di alta educazione (l’Accademia Militare), sino alla scuola
di equitazione (la Cavallerizza) ed alla zecca sabauda.
Lungo questo asse è anche collocata l’Università settecentesca, antico polo culturale con la biblioteca (nucleo originario della Biblioteca Nazionale di Torino) e le collezioni archeologiche sabaude aperte al pubblico (nucleo originario del Museo Nazionale di Antichità di Torino).
In Europa è forse il centro di comando dell’età dell’Assolutismo meglio conservato al centro di una città. Fa parte del sistema seriale delle residenze sabaude dichiarate nel 1997 sito UNESCO.
Sin dai progetti di Amedeo di Castellamonte del 1674, accanto all’Accademia Reale erano previsti un maneggio e una scuderia «da fabbricarsi in forma di croce». I lavori presero avvio all’indomani della chiusura del cantiere dell’Accademia: già nel 1680 si terminava la manica di collegamento, mentre gli altri tre bracci, insieme alla cortina edilizia che chiudeva il complesso su via Verdi, furono costruiti nel 1680-1686.
La Cavallerizza, luogo destinato agli esercizi e agli spettacoli equestri di corte, viene realizzata tra il 1740 e il 1742 dal Primo Architetto Regio Benedetto Alfieri (1699-1767) all’interno della “zona di comando” di Torino (parte del centro di Torino destinata ad accogliere le sedi rappresentative e amministrative del potere sabaudo), nell’area a levante dell’Accademia dei Paggi, fin dalle origini destinata a ospitare strutture adibite a maneggio. Prima dell’intervento di Alfieri il grande cortile dell’Accademia era diviso in quattro settori dalle maniche delle Scuderie realizzate tra il 1680 e il 1686 dall’ architetto ducale Amedeo di Castellamonte (1610-1683), che si dipartivano da un vano circolare (la Rotonda) che serviva da cavallerizza, formando una grande crociera.
Alfieri prevede la localizzazione della nuova Cavallerizza al posto della manica orientale della croce castellamontiana, che viene demolita per permettere la realizzazione di uno spazio molto più aulico e rappresentativo: l’edificio, a due piani e a navata unica, doveva svilupparsi verso est con una larghezza quasi doppia rispetto alla struttura preesistente e una lunghezza di circa 73 metri. Lungo le pareti Alfieri colloca dodici grandi nicchie che fungono da tribune per gli spettatori; la costruzione si innesta sulle strutture della Rotonda castellamontiana, che l’architetto regio mantiene, prevedendone però una radicale trasformazione in atrio al piano terreno e in una cappella ad uso dell’Accademia ai piani superiori, e si conclude contro la Zecca, con una pista semicircolare in saliscendi per il rallentamento dello slancio dei concorrenti a cavallo nei tornei del saracino. Al piano superiore erano previsti degli appartamenti per i paggi, il capo scudiere, il maestro e i camerieri.
La parte realizzata corrisponde a metà del previsto: il piano superiore destinato ad abitazioni non viene edificato e ancora oggi è visibile il muro di tamponamento provvisorio della facciata a levante, oltre la quale si sarebbe dovuto terminare il progetto alfieriano. L’interno si presenta come un’ampia galleria coperta da una volta a sesto a sesto ribassata connotata da una decorazione barocca austera ed essenziale; attualmente la percezione globale dell’ambiente è falsata dalla presenza di strutture legate al suo utilizzo come sede di manifestazioni artistiche e di rappresentazioni teatrali.
Maggiori informazioni sulla storia le potete trovare qui